L'UOMO SENZA PAURA
N° 28
(PARTE
PRIMA)
Di Carlo Monni
<<Buongiorno cittadini di New York, qui è la vostra Joan Chen, per il consueto notiziario locale della W.F.S.K. Sono passati più di sette giorni da quando l’avventuriero in costume noto come Devil è scomparso in un‘esplosione nel fiume Hudson e le voci della sua morte si fanno sempre più insistenti. Altrettanto scalpore sta facendo la scomparsa del noto avvocato Matt Murdock avvenuta quasi contemporaneamente a quella di Devil e subito dopo un attentato alla casa in cui viveva. Il nome di Murdock è associato a quello di Devil sin dai tempi dei primi exploit di questo vigilante mascherato. Di recente i legami tra i due sono stati esposti in un articolo della rivista Now in cui si ipotizzava che l’attuale Devil potesse essere in realtà il gemello, da tempo creduto morto di Murdock o che, comunque Murdock ne conoscesse l’identità e che questo sia stato il motivo dell’attentato. Secondo voci che circolano, l’avvocato Murdock sarebbe nascosto in un luogo sicuro sotto stretta protezione, in attesa che le acque si calmino e che gli autori degli attentati alla sua vita vengano individuati. Ed ora le notizie politiche: il Sindaco ha dichiarato che…>>
All’inizio c’è il
buio, beh non esattamente il buio, più esattamente, lampi di luci intermittenti,
che, a volte, sembrano assumere la consistenza di figure dai contorni
indistinti, per poi svanire non appena assumono contorni familiari, poi arriva
la voce:
-TI SEI SVEGLIATO FINALMENTE!-
Sembra peggio di un
televisore a tutto volume, mi lacera i timpani. Perché parla così forte? O sono
io che lo sento così?
-HAI DORMITO PARECCHIO GIOVANOTTO!-
Continua, ma adesso mi sembra meno forte, come se
fossi in grado di regolarne il volume. È strano, però, sento la voce, ma non
vedo nessuno, c’è solo il buio. È un uomo, però, ne sono certo.
-PER TUA FORTUNA HAI UN FISICO FORTE!-
Ma perché continua ad urlare? Lo capisco
benissimo. O, forse non è lui che urla, ma io che lo sento troppo forte? E
perché non lo vedo, quando è qui davanti a me? Aspetta… non lo vedo, ma lo
percepisco: sento l’odore di un dopobarba scadente e quello dell’alcool,
Whisky, credo e…disinfettante?
-ERI DAVVERO IN BRUTTE CONDIZIONI QUANDO TI HO TROVATO, SAI?-
La voce è quasi accettabile, adesso e comincio
a percepire qualcos’altro: immagini, ma è come se fossero in bianco e nero e ne
“vedo” solo i contorni. C’è qualcosa che non va con la mia vista, ma i miei
altri sensi lavorano a pieno ritmo per compensarlo. Non so come o perché, ma so
che è così. Il mio interlocutore continua a parlare, ma ora sono quasi riuscito
a ridurre la sua voce ad un volume accettabile:
-Eri stato portato dal fiume ed avevi diverse ferite, i tuoi abiti erano
quasi del tutto stracciati. Ho pensato di portarti qui. Tutto considerato,
forse non era il caso di portarti in ospedale e nemmeno rischiare che gli
uomini di Silke ti trovassero.-
Il suo
fiato sa di whisky, sento il suo battito cardiaco accellerare a causa
dell’eccitazione, il sole entra da una finestra e ne sento il calore sul volto.
-Scusa, dimenticavo la buona educazione, non mi sono presentato: mi
chiamo Thomas Mitchell, Dottor Thomas Mitchell, o, forse, dovrei dire ex
dottore. Tu come ti chiami?-
Apro la bocca per
rispondere, ma le parole che dovrebbero essere quasi istintive non vengono, non
ho che una sola risposta:
-Io… non lo so.-
La mamma mi diceva sempre di evitare le cattive
compagnie, ma non posso dire di esserci sempre riuscito. Certo sarebbe contenta
di quelle che frequento in questo momento, il meglio del meglio delle forze di
Polizia: l’Agente Speciale Phil Corrigan dell’F.B.I., una vera leggenda vivente
del Bureau; il Capitano George Scanlon del C.I.B. della Polizia di Stato; Il Tenente
Flint della Squadra Omicidi di Manhattan; il Sergente Brady O’Neil della
Squadra Investigativa della Procura Distrettuale della Contea di New York ed il
Detective di 1° Grado Connor Trevane dell’Ufficio Controllo Crimine Organizzato
della Polizia della città di New York, per non parlare di un buon numero di
detectives. Tutti uniti, mettendo da parte le gelosie interdipartimentali, (per
quanto può essere possibile) per un unico scopo: risolvere l’enigma dei delitti
del mio collega Martin Bergstein e della giovane Francine Hoyt e dei loschi
affari della Cyberoptics con i Senatori di Stato George Jessup e Robert Martin.
In tutto questo, a quanto pare, io rivesto un ruolo importante. Come? Chi sono
io? Credevo che ormai lo aveste ben chiaro, ma se così non fosse, lo chiarirò a
beneficio dei ritardatari: il mio nome è Ben Urich e sono quello che si
definisce un reporter investigativo. Vale a dire che non mi limito a scrivere,
io le notizie le cerco e per ogni domanda cerco di trovare una risposta.
Credetemi, non lo dico per vantarmi, ma sono uno dei migliori in quello che
faccio, anche se quello che faccio non ha sempre lati piacevoli, per me
soprattutto. Sono stato soggetto a più attentati alla mia vita di quanti mi
piaccia ricordare e sta succedendo ancora. Prima hanno cercato di uccidere me e
la mia assistente Candace Nelson,[1]
poi il sicario di nome Bullet ha spezzato il braccio destro di Candace[2]
ed infine, hanno cercato di uccidere mia moglie Doris.[3]
Ora, tutti insieme, cerchiamo di metter fine all’inchiesta, una volta per
tutte. A dir la verità, non tutti mi hanno accettato a cuor leggero, avere un
giornalista tra i piedi non è il massimo della vita per loro, ma devono
adattarsi, perché io posso essere molto utile alle indagini
-Vediamo di dare ordine a ciò che sappiamo…- sta dicendo Corrigan -…La
Cyberoptics, un’azienda leader nel settore delle comunicazioni, si aggiudica un
contratto per la messa in opera del nuovo sistema di comunicazione del
Campidoglio di Albany e di tutta l’amministrazione statale. Un affare da molti
milioni di dollari. L’aggiudicazione sembra essere pilotata con la complicità
dei Senatori di New York Jessup e Martin ai quali è stata passata una congrua
bustarella. Per inciso, si sospettano da tempo legami tra Jessup ed il Crimine
Organizzato ed il mio ufficio lo tiene d’occhio da tempo, anche se non ha mai
trovato le prove necessarie all’incriminazione. Se ora vuol continuare l’amico
Scanlon…-
L’uomo della Polizia
di Stato si schiarisce la voce lanciandomi un’occhiata torva, poi si decide a
parlare.
-Naturalmente, il caso interessa anche il mio Dipartimento. La Sezione
Anti Corruzione ha gli occhi puntati sui due Senatori e su altri funzionari del
Governo Statale, in particolare un ex segretaria di Jessup, nonché sua ex amante,
che sembra al corrente di parecchie cosette, purtroppo, prima di poter parlare
con noi viene uccisa.-
-Ma fa in tempo a parlare con il mio collega Bergstein, al quale rivela
troppe cose per il bene di entrambi.-
-Esatto.- interviene ancora Scanlon –Secondo le nostre ricostruzioni,
il giornalista deve essere stato fermato mentre usciva dalla casa e
probabilmente ucciso lì, poi hanno portato il corpo a New York per confondere
le acque. Per quanto riguarda la ragazza, invece, scelgono di simulare una
rapina andata male.-
-Naturalmente, non potevano sapere che la casa della Hoyt era piena di
microfoni...- interviene Corrigan -… anche se… ehm… quanto abbiamo appreso non
sarebbe utilizzabile in Tribunale.-
-Ho capito.- dico con un sorrisetto –Un’altra di quelle vostre
intercettazioni illegali per cui voi dell’F.B.I. andate tanto famosi. Un bel
colpo, adesso sapete chi sono gli assassini, ma non li potete incriminare
nemmeno di essere passati col rosso.-
-Fa poco lo spiritoso Urich.- ribatte Scanlon –la cosa non piace
nemmeno a me, ma almeno abbiamo un punto di partenza.-
-Calma, signori.- interviene O’Neil –Lasciamo da parte le polemiche.
Quel che conta adesso è incastrare quei tizi. La corruzione e l’associazione a
delinquere sono roba di voialtri di Albany, ma il corpo di ;Martin Bergstein è
stato trovato a New York City ed suo assassinio è affar nostro.-
-A me non interessano le vostre beghe giurisdizionali…- dico. -… voglio
quella gente in carcere ed un articolo in prima pagina per me.-
-Avrai entrambe le cose, Ben…- mi dice Corrigan -… se sei disposto a
farci da esca.-
-Esca? Dimmi tutto Phil…-
E spero di non
pentirmene.
2.
La consapevolezza mi prende in un
attimo: non ricordo chi sono, il mio nome, la mia vita, tutta la mia memoria
sono una lavagna vuota. Per un attimo, che sembra lungo un’eternità, sento il
panico che mi attanaglia. Chi sono? Devo, voglio saperlo.
-E così non
ricordi nulla eh?- mi chiede il mio benefattore, il Dottor Mitchell –Non è
insolito dopo aver subito un forte trauma e quel che ti è capitato doveva
essere davvero grosso.-
Quel che mi è capitato? Ma cosa mi è
capitato? Per quanto mi sforzi, non ho nessun ricordo precedente al mio
risveglio, a parte brevi flash di volti , che scompaiono come tento di afferrarli,
lasciandomi un’impressione amara. Eppure devo avere delle risposte.
-Non siamo in
ospedale.- dico –Lei mi ha portato qui dopo avermi trovato sulla sponda del
fiume, perché, dottore?-
Anche se non lo vedo posso riuscire
ad immaginarlo sorridere mentre mi risponde:
-Diciamo che
l’ho ritenuto più sicuro per te, giovanotto. Agli uomini di Silke non sarebbe
piaciuto saperti nelle vicinanze.-
-È già la
seconda volta che nomina questo Silke e la sua banda, chi sono?-
-Sammy Silke?
È un teppistello che si crede un padreterno solo perché suo padre è uno dei
pezzi grossi del Maggia di Chicago. È da un po’ che si è trasferito qui nel New
Jersey, dicono che abbia combinato qualche pasticcio a casa sua e che l’abbiano
spedito qui finché si calmano le acque. Ora domina il paese con i suoi
bravacci.-
-New Jersey?-
esclamo -Siamo nel New Jersey? Chissà perché, ero convinto di trovarmi a New
York.-
-Sei
nell’angolo più dimenticato del New Jersey, figliolo. Perfino Dio si è
dimenticato di Broken Cross.-
Broken Cross, un nome che evoca
qualcosa, ma cosa?
-Lei ha detto
di non essere più un dottore, che vuol dire?-
-Quante
domande. Sicuro di non essere un poliziotto od un avvocato?-
C’è una chiara nota d’ironia nella
sua voce, come se sapesse qualcosa che ignoro. Prosegue nel suo discorso:
-Diciamo che
avevo il vizio del bere. Qualche anno fa ho ammazzato una paziente durante un’operazione
e mi hanno cacciato con ignominia. Il solo buco dove ho trovato posto è qui a
Broken Cross e Silke mi usa per rattoppare qualcuno dei suoi uomini quando
serve..-
-Capisco.-
commento. In realtà non sono sicuro di aver capito tutto, per esempio: perché
quando mi ha trovato non mi ha portato in ospedale, preferendo curarmi
personalmente in segreto? E perché teme che questo Silke non sarebbe contento
di sapere che sono qui? È evidente che il dottore sa più di quanto dice, ma ho
la sensazione che non sia affatto pronto a parlarmene.
Decido di alzarmi dal letto. Come mi
rizzo a sedere, la testa gira, e le gambe mi sembrano molli. Mi sento cadere e
Mitchell è pronto a tenermi. La sensazione di stordimento dura un attimo, poi
mi sento più saldo e posso lasciare il mio alloggio.
-Hai delle
facoltà di recupero notevoli, giovanotto.- mi dice Mitchell –Quando ti ho
esaminato ho trovato i segni di numerose ferite, ma, a quanto sembra hai
davvero una fibra forte. Dovrai vestirti adesso. Non ho molto con me, ma questi
abiti dovrebbero andarti bene, appartenevano ad un uomo in gamba. Il nostro ex
Capo della Polizia. Ora è morto ed è un peccato, ma i buoni muoiono giovani, si
dice.-
Mentre parla, indosso i pantaloni e
la maglietta che mi porge. In effetti mi vanno bene. Il precedente possessore
doveva essere proprio della mia taglia, un tipo robusto, ma non un culturista.
-Mi
piacerebbe chiamarti in un modo diverso da “Giovanotto”. Se non ricordi il tuo
nome, dovresti trovartene uno.- mi dice il dottore.
Un nome? Tutti ne hanno uno, giusto?
Ma il mio quale può essere? Non ricordo assolutamente, Eppure…
-Mike.-
rispondo, infine –Non so perché, ma mi suona bene.-
-Ok, vada per
Mike, ma ci serve anche un cognome, tutti ne hanno uno, no?-
Per un attimo, sento un profumo
dolce e delicato una sensazione di acuta malinconia mi attraversa, per poi
svanire prima che abbia avuto il tempo di finire la mia frase:
-…Page… si,
Page, va bene.-
-Ok Mr. Mike
Page. Questo sarà il tuo nome finché non ne avremo uno migliore. Ora prendi
questi.- mi infila un paio di…-…occhiali da sole, serviranno a proteggerti gli
occhi, credimi ne hai bisogno, almeno per qualche giorno.
Continuo ad avere l’impressione che
sappia più di quanto non dica, vorrei costringerlo a parlare, ma, per qualche
ragione, non me la sento. Sono certo che saprò qual che c’è da sapere al
momento opportuno, sento di potermi fidare di quell’uomo, anche se non so bene
perché.
Richard
Fisk ha finito il suo solito Jogging nel parco e rientra nel suo attico tutto
sudato. Quando la porta del suo ascensore privato si apre direttamente sul suo
appartamento, ci trova Candace Nelson, con un’espressione che non promette
nulla di buono.
-Che cosa c’è cara?- le chiede.
-Hai anche la faccia tosta di chiedermelo?-
replica lei con ira. –Non mi dirai che non hai letto i giornali o seguito i
notiziari..-
Gli
sventola davanti agli occhi una copia del Daily Bugle su cui campeggia un
titolo:
“REPORTER NEL MIRINO”
L’articolo
parla del misterioso omicidio di un uomo, identificato come un killer
professionista, nell’appartamento di Ben Urich, mentre la moglie di
quest’ultimo giaceva, narcotizzata nel proprio letto. L’ipotesi più accreditata
era che l’uomo avesse avuto l’incarico di uccidere Doris Urich, ma che qualcuno
l’avesse fermato in tempo, lasciandolo macabramente appeso per il collo al
lampadario del soggiorno come avvertimento per futuri attentati. La domanda
senza risposta è: chi?
-E sullo stesso tono, abbiamo anche i titoli
del Globe e dell’Express.- continua Candace –Solo che, mentre loro ipotizzano
l’intervento del Punitore, io so un particolare che mi ha rivelato Ben: in una
tasca della giacca del morto c‘era una rosa rossa, il simbolo del capo
criminale chiamato la Rosa.-
-Capisco.- replica Richard con calma –E tu dai
credito alle ipotesi per cui la Rosa sarei io.-
-Cos altro dovrei pensare? Prima mi avverti che
la mia vita e quella di Ben sono in pericolo, poi mi fai sapere che Ben e sua
moglie sono fuori pericolo e subito dopo viene ritrovato quel killer morto.
Dimmi che non è così, dimmi che non hai mandato un tuo uomo ad uccidere il
killer incaricato di uccidere Doris Urich, dimmi che non sei più coinvolto col
mondo criminale, dimmi che non sei la Rosa.-
-Puoi non credermi, Candace, ma non ti sto
mentendo: io non sono la Rosa. Rifletti: solo di recente è stato scoperto che
la Rosa era, in realtà, il tuo vecchio collega Jake Conover,[4] quindi
io sono scagionato, e poi… se io fossi davvero la Rosa, pensi proprio che sarei
stato così stupido da lasciare la mia firma dopo averti avvertita del pericolo
che correvano Urich e la sua famiglia?-
-Beh… a dire la verità… forse hai ragione. Non
avresti corso quel rischio sapendo che avrei sospettato di te, non sarebbe
logico.- Candace tace, riflettendo un attimo, poi… -Un momento… tu sapevi che
Ben non correva più pericolo, come… ?-
Richard le sorride :
-Sei davvero sveglia come pensavo. Avevo
mandato un uomo a fare da guardia del corpo per gli Urich… so quanto ci tieni
al tuo amico e ti avevo promesso che non avrebbe corso rischi, ma quando è
arrivato, c’era già la Polizia. Se vuoi il mio parere, c’è una lotta di potere
in corso e qualcuno ha approfittato dell’occasione per dare un avvertimento al
Gufo.-
Candace
lo guarda perplessa. Vorrebbe davvero credergli, ma può permetterselo?
Quando
il Dottor Mitchell entra all’Olympian Palace, Katie, la cameriera al banco, non
può non posare i suoi occhi sull’uomo che l’accompagna. È alto, robusto i
capelli e la barba che gli incornicia il volto sono rossi, il colore degli
occhi è nascosto dagli occhiali scuri. Le ricorda qualcuno conosciuto tempo
anni, un altro straniero di passaggio. Non ce ne sono molti a Broken Cross,
anzi, a voler essere onesti, non c’è n’è nessuno da parecchio tempo. Broken
Cross è un paese che sta morendo ormai, almeno da quando ha chiuso la
raffineria. Gli uomini migliori se ne sono andati altrove e sono rimasti solo
quelli troppo vecchi e disillusi per trovare la forza di andar via… e,
naturalmente, i pessimi elementi.
3.
Il locale in cui mi ha portato il
dottore è piccolo, ma accogliente. L’uomo al banco è sudato e respira come un
mantice, dovrebbe evitare di esagerare con le sigarette, credo, la ragazza è
ancora giovane ed un po’ sovrappeso, il profumo non è certo ricercato, ma
gradevole, dopotutto. Mi siedo al banco ed ordino un caffè, quando la porta si
apre ed entrano almeno tre persone, si, ne sono certo: sono tre uomini. Non
capisco come faccio, ma percepisco intenzioni ostili da parte loro. Il loro
modo di muoversi denota familiarità con il posto, c’è arroganza e prepotenza
nel loro modo di fare, mentre si rivolgono al proprietario:
-Non sei
stato bravo coi pagamenti amico.- dice uno.
-Beh… Jim… lo
vedi anche tu che gli affari non vanno bene, abbiamo così pochi clienti…-
replica l’altro.
-A Sammy
questo non importa.- ribatte l’uomo chiamato Jim –Hai un patto con lui e devi
rispettarlo. Forse un’aggiustatina alla tua faccia ti convincerà ad essere più
puntuale.-
Lo sento afferrare il suo
interlocutore per il bavero e prepararsi a colpirlo al volto con un destro. Non
so spiegare bene perché lo faccio, ma gli afferro il polso destro. Lui si volta
e lo sento fissarmi con ostilità.
-E tu chi
saresti?- sibila –Impicciati degli affari tuoi.-
-Forse sono
affari miei.- replico –Non mi piace chi fa il prepotente.-
-Davvero?- lo
sento sghignazzare –A me non piacciono i ficcanaso. Fatti da parte o ti cambio
i connotati.-
-Puoi
provarci.- gli dico e stringo il suo polso fino a farlo urlare e costringerlo
in ginocchio. Lui chiama in aiuto gli altri due che sembrano scuotersi
improvvisamente e si precipitano verso di me.
Non so cosa mi prende, ma è come se
sapessi istintivamente cosa fare. I muscoli reagiscono quasi automaticamente.
Un calcio atterra il primo degli sgherri, poi spingo quello chiamato Jim sul
secondo. Il terzo spara, ma io sapevo che l’avrebbe fatto già prima che
premesse il grilletto. Salto di lato, faccio una capriola e lo colpisco con un
calcio a piedi uniti al mento. Anche quello di nome Jim estrae una rivoltella e,
mentre sento il secco rumore della sicura, una voce, quella del dottore urla:
-Attento
amico!-
Non ho bisogno del suo avvertimento,
istintivamente sorrido, mentre afferro un cucchiaino dimenticato sul bancone e
lo lancio alle mie spalle, perché colpisca il polso di Jim disarmandolo, poi mi
giro e lo abbatto con un uppercut al mento.
-Incredibile!-
commenta la cameriera.
-Puoi dirlo
forte, Katie.- insiste il dottor Mitchell. Il ragazzo è in gamba, davvero.- il
suo battito ha un salto, come se volesse dire di più, ma decidesse di stare
zitto. Se si può avvertire un sorriso, io sento il suo.
-Il suo amico
ha avuto fegato, dottore.- continua Katie, poi si rivolge a me –La gente di
Silke ha bisogno di una lezione, ma il boss vorrà fartela pagare… a proposito, come
ti chiami bel giovane?-
-Puoi
chiamarlo Mike… Mike Page…già questo è il suo nome.- interviene il dottore.
-Bel nome.-
commenta la ragazza. –Sei un uomo di poche parole, vero? Come ho detto, Silke
non te la farà passare liscia. Dove dormi adesso, dal dottore? Per stanotte
sarà meglio se state lontano da casa sua, tutti e due, Sammy saprà presto che
il Doc ti ha aiutato. Potresti venire da me.-
Mitchell fa una risatina.
-Uhm…forse hai ragione, Katie.- dice -Sarà il
caso di fare così. Io passerò la notte sul retro di questo magnifico posto,
allora.-
-Attento a
non esagerare con la bottiglia dottore.- commenta il proprietario del bar –E...
comunque, che ne facciamo di questi tre?- indica gli scagnozzi di Silke ancora
svenuti.
-Suggerirei
di sbatterli fuori di qui mentre ancora non possono nuocere alla pubblica
incolumità.- suggerisce il dottore.
Naturalmente, sono io a dover
provvedere.
Sammy Silke non è quello che definireste un uomo gradevole, altezza
media, capelli corti, baffetti, posa da duro. È decisamente seccato per essere
stato esiliato in questo buco dimenticato da Dio e dagli uomini, ma è solo una
fase della sua vita, presto o tardi gliela farà vedere a tutti. Potrebbe andare
a New York, si, c’è un vuoto di potere là da quando il vecchio Kingpin è stato
abbattuto e quello nuovo, il Gufo lo chiamano, potrebbe essere scalzato da uno
abbastanza intraprendente e con un piano. Si, andrà a New York, qualsiasi cosa
ne pensi suo padre, ma ora ha un problema di cui occuparsi.
-E così questo… straniero vi ha conciati per
bene tutto da solo, dico bene?- chiede ai suoi uomini.
-Beh… si capo… insomma lui… l’ha fatto.-
E chi sarebbe questo campione? L’Uomo Ragno,
forse?-
-Beh capo, abbiamo chiesto in giro e sembra che
si chiami Mike Page, uno smemorato arrivato da poco. Adesso svolge qualche
lavoretto all’Olympian Palace e pare che viva a casa del vecchio Dottor
Mitchell.-
-Maledizione, razza di stupidi! Vi rendete
conto che se la cosa si viene a risapere io non riuscirò mai a rimettere piede
a Chicago o New York senza farmi ridere dietro?-
-Ma capo…-
-Niente scuse, portatemi la testa dello
straniero o non tornate affatto.-
-E il dottor Mitchell?
-Fatelo fuori, quel vecchio ubriacone non vale
nulla.-
E
al diavolo tutti quelli che si parano sulla sua strada.
Negli ultimi giorni ho avuto
notti agitate. Non solo i suoni e gli odori erano forti, troppo forti a volte,
e per fortuna, sembra che sappia istintivamente come ridurli ad un livello
accettabile, ma nel sonno, ho avuto quelle che potrei chiamare solo visioni.
Lembi confusi di un passato che continua a sfuggirmi. Chi sono realmente? Da
dove vengo? A volte mi sembra di avere la risposta a portata di mano, ma come
cerco di afferrarla si fa più sfuggente dell’acqua. So che il nome che ho
scelto: Mike Page non è il mio, ma mi sembra così familiare e perché continuo a
pensare ad una donna, ad un profumo che mi lascia la malinconia, quando mi sveglio?
Continuo a pensarci mentre aiuto Katie a lavare piatti e bicchieri a fine
serata.
-Te la cavi bene, Mike.- mi dice lei –Sei abituato a fare
certi lavori da solo anche a casa tua o hai già lavorato in un locale come
questo?-
Sorrido
rispondendo:
-A dir la verità, Katie, mi piacerebbe saperlo per certo,
però… forse si, forse l’ho veramente fatto.-[5]
Lei
vorrebbe dire, forse, qualcos’altro, ma siamo interrotti da qualcosa che
irrompe dalla porta d’entrata. O meglio, qualcuno: è il dottor Mitchell. Prima
ancora di avvicinarmi a lui sento l’odore del sangue, il rumore delle costole
rotte che sbattono forando un polmone. Qualcuno l’ha picchiato. Cade, tenta di
rialzarsi, ma sento il suo respiro ansante e capisco che non ce la farà. Mi
chino su di lui, è davvero conciato male, il suo battito sta spegnendosi. Mi
guarda e risponde alla mia muta domanda
-Silke ed i suoi uomini ragazzo… proprio loro… maledetti
bastardi…-
-Calma dottore.- dico –Ora dobbiamo…-
-Niente…Mike… bel nome…davvero… Sono un dottore ricordi? So
di essere… di essere…- si interrompe e tossisce due volte, sputando sangue.
Sento i polmoni che si riempiono del liquido rosso -…niente di male… non sono
stato mai un granché e la mia vita l’ho buttata nel… nel…- un altro colpo di
tosse, ma si ostina a parlare -…non ho detto niente, però… potevo…ma non…ho
detto niente… niente…-
-Niente di cosa?- chiedo sorpreso.
-Di.. di te… delle circostanze in cui ti ho trovato… io
sapevo che tu eri… sei….- Urla e mi stringe il braccio con forza –Quello che
avevi indosso…De…-
Le sue
ultime parole si spengono in un gorgoglio indistinto e poi reclina la testa ed
è n quel momento che mi rendo conto che nel locale c’è altra gente.
-Io non mi muoverei, se fossi in te.- è la voce fredda del
tipo dell’altro giorno, quello chiamato Jim. La sua pistola e quelle di almeno
quattro tipi che l’accompagnano, sono puntate alla testa di Katie e del padrone
del locale. Se reagissi, li ucciderebbero subito. Stringo i pugni indeciso,
poi, sento la presenza di qualcuno dietro di me ed infine, qualcosa di pesante
si abbatte sulla mia testa.
4.
Ho fatto molte sciocchezze in vita
mia, ma questa potrebbe essere la più sciocca. Mi dico che non funzionerà, che
nessuno sarebbe così stupido da cadere in un tranello così ovvio, ma… chissà,
forse… In realtà non è questo che m’importa, non cerco solo uno scoop per il
mio giornale, voglio che i problemi per la mia famiglia finiscano e se questo
funziona, beh è la sola cosa importante.
Entro al Bugle e mi dirigo
nell’ufficio di Joe “Robbie” Robertson.
-Cosa posso fare
per te Ben?- mi chiede.
Parliamo a lungo e gli illustro i
piani di quegli illustri signori con cui collaboro:
-Sai di correre
un bel rischio Ben?-
-Non lo correvo
anche Elektra mi trafisse o Kingpin mi fece spezzare una mano?- rispondo.
–Questo non sarà peggio.-
Robbie non risponde, sento che gli
costa una certa fatica dirmi quel che mi dice dopo:
-Potresti
trovarti contro Lapide e lui non scherza mai, io lo so.-
Annuisco tutti siamo al corrente dei
suoi trascorsi con Lapide e, magari, anche se non ama parlarne, Robbie ha un
buon motivo per ricordarsene quando cambia il tempo.
-Tu non ti tireresti
indietro, vero?- gli replico, forse è stata una mossa sleale.
-No, non più,
adesso. Ok Ben, hai il mio appoggio, per quel che conta.-
Per me conta molto, sul serio. Ora
devo solo trovare Candace Nelson e coinvolgere anche lei, sperando che suo fratello
non decida di farmi a pezzi se qualcosa va storto.
Le immagini danzano dinanzi a
pupille immaginarie. Una ragazza, sento il suo profumo delicato, i suoi capelli
tra le mie dita, capelli biondi, lo so, la sua “immagine” mi suscita tristezza,
il suo nome è sulle mie labbra, ma scivola via ed ora ci sono altre donne e
uomini, sento i loro sguardi ora duri, ora benevoli ed una voce che ripete una
frase familiare: “Mai arrendersi!”
Mi sveglio di colpo, solo per
scoprire di essere legato, appeso per i polsi ad una specie di gancio, con i
piedi dondolanti a qualche centimetro da terra. Mi sono fatto sorprendere come
un pivello, il che, a pensarci bene è un pensiero strano, come se dovessi
essere un professionista. Già, ma di cosa? Sono cieco, questo è chiaro, ma i
miei altri sensi compensano il tutto, per non parlare del senso radar. Sono
superpoteri ed io sono… una specie di supereroe? Mi sembra che i veli che mi
ottenebrano si squarcino. Ma certo, questo spiega molte cose. Io sono un
supereroe, sono… calma, calma, cerchiamo di renderci conto di come stanno le
cose. Gli odori mi dicono che questo è una specie di magazzino. Odore di
petrolio e derivati, Certo, è la vecchia raffineria, ormai chiusa. Il Q.G.
della banda di Silke? Squallido direi, non certo come l’ufficio di… aspetta,
qual’era il suo nome? Oh si, Kingpin, certo, Kingpin. Mi ricordo di lui, un
nemico in gamba, non come questi. Mi hanno lasciato vivo, ma perché? La
risposta sembra arrivare, quando entra un gruppetto di persone ed uno di loro mi
si avvicina. Vorrebbe darsi aria di raffinatezza, ma ha esagerato col
dopobarba, il suo profumo stucca.
-Sono lieto
di vedere che sei sveglio.- mi dice –Mi hanno detto che te la sei presa con i
miei uomini e questo non si fa. Forse, quando vedranno la tua carcassa
picchiata a morte e gettata in mezzo alla strada, i bravi cittadini di questo
schifo di paese, capiranno che non è salutare scherzare con Sammy Silke.-
E così è lui, il grand’uomo.
-Ti senti
molto in gamba a mandare tre teppistelli a picchiare un vecchio alcolizzato,
Silke…- gli replico -.. ma se fossi tanto in gamba non saresti qui a Broken
Cross, come ci sei finito, a proposito? Papà ti ha sorpreso con le mani nella
marmellata?-
-Bastardo!-
ribatte lui, livido di rabbia, e mi colpisce all’addome con un manganello. Gli
rispondo con un sogghigno e, all’improvviso, scatto afferrandolo al collo con
le gambe, poi comincio a dondolare.
-Lasciami!-
urla lui –Lasciami!-
-Come
desideri.- rispondo.
Lo mollo, ma la forza d’inerzia lo
spinge verso i suoi sgherri, mentre io spingo le gambe verso l’alto. Sin da
quando mi sono svegliato, ho usato trucchi che non sapevo nemmeno di conoscere
per allentare le corde che mi tengono stretto e, finalmente, ci sono riuscito.
Le corde cedono ed io ricado, come un gatto, sul pavimento e sono pronto per i
miei avversari.
Candace non si è fatta pregare, la
sola cosa che non le va giù sono i poliziotti che la seguono passo per passo,
ma anche questo è indispensabile, il resto tocca a me. Confesso di essere
nervoso, mentre compongo il numero di telefono ed attendo la risposta:
<<Cyberoptics,
buongiorno.>>
-Voglio parlare
subito con Franklin Risk, il mio nome è Urich, Ben Urich.-
Mi sparano ed io evito i loro colpi,
saltando e muovendomi con una rapidità che non si aspettano. Non è difficile,
visto che riesco ad anticipare ogni loro mossa. Cadono uno dopo l’altro sotto i
miei pugni, od i miei calci. Nel corso della lotta, raccolgo il manganello di
Silke e lo uso come arma. Alla fine siamo io e lui.
-Non ti
avvicinare!- mi urla.
-Ma come?- lo
irrido –Un grand’uomo come te, armato di pistola ha paura di uno armato di un
semplice bastone? Perché non spari Sammy, perché non miri al cuore?-
Sento il suo dito tendersi sul grilletto,
il suo battito accellerare, so quando sparerà e lancio il manganello. Un lancio
solo, preciso, che lo prende in piena fronte, abbattendolo come un birillo; il
suo colpo, invece, va a vuoto. Lo afferro per il bavero e lo tiro su.
-Sai una cosa
Sammy? Hanno ragione su di te, non vali niente come uomo e come gangster.-
-Che… che
vuoi farmi?- balbetta e sento l’odore della sua paura.
-Niente.-
rispondo –A te ci penseranno i tuoi amici di Chicago. Non saranno contenti di
te sai? Specie quando saranno rese pubbliche le prove delle tue malefatte.
Scommetto che qui ce ne sono in abbondanza, quanto basta per mettere a posto te
ed il Capo della Polizia di questo bel paesino, tu che ne dici?-
Non risponde e gli sferro un pugno
che lo mette definitivamente al tappeto.
L’alba è passata da poco, quando
finisco il mio caffè e metto nello zainetto regalatomi da Katie un po’ di
provviste. È ora di andare per me.
-Hai fatto
davvero un bel repulisti, tutto da solo.- mi dice Katie –Sicuro di non voler
restare?-
-No.-
rispondo –Ho delle cose da fare ed il posto in cui devo farle è New York. Del
resto non avete certo bisogno di me qui.-
-Chissà?
Silke è sotto chiave nella prigione della Contea ed il Vice Sceriffo dice che
verranno i federali a vederlo presto o tardi e che, se è furbo, parlerà…se
riesce a sopravvivere abbastanza, certo. È solo grazie a te che è successo.
Ancora mi chiedo perché l’hai fatto.-
-Perché
qualcuno doveva farlo.- rispondo semplicemente.
-Oh
beh…suppongo di si. Addio Mike e, magari, raditi quella barba, devi essere
carino sotto.-
Rido.
-Magari lo
farò presto, Katie, addio.-
Esco dall’Olympian Palace e mi avvio
lungo la Statale. Ho appena raggiunto l’uscita dell’autostrada, quando una
limousine si affianca a me e sento un finestrino abbassarsi.
-Immagino
serva un passaggio.-
È la voce sicura di un uomo di circa trent’anni, con un lieve accento
di New York. Porta gli occhiali.
-Non credo
che ci conosciamo.- gli dico.
Sento il suo cuore accellerare
lievemente, mentre risponde
-Oh, il mio
nome è Maximilian Quincy Coleridge IV e penso che io e te abbiamo molte più
cose in comune di quanto tu possa pensare, Devil.-
FINE PRIMA PARTE
N° 29
(PARTE
SECONDA)
Di Carlo Monni
Non esistono uomini senza paura,
chiunque dica di non aver mai provato la paura. mente sapendo di mentire. Si
può dominare la paura, ma non eliminarla del tutto. La paura ti aiuta ad essere
razionale, a non ficcarti senza pensarci in una situazione senza via di scampo.
Ciò che conta è affrontare la paura e fare quello che devi fare. Per esempio:
mentre entro nel palazzo sede della Cyberoptics per un appuntamento con un uomo
che intende uccidermi, io, Ben Urich, asso dei reporters di nera del Daily
Bugle, me la sto quasi facendo sotto, ma spero proprio di non averne l’aria.
Come dicevo: non esistono uomini senza paura. Beh non è del tutto esatto,
perché io ne ho conosciuto almeno uno, ma questa, come diceva il narratore di
“Irma la Dolce”, è un’altra storia. O, forse, è proprio questa.
Lo
sguardo di Becky Blake è decisamente duro mentre parla con i due uomini e la
donna seduti davanti a lei nel suo ufficio.
-Un milione di dollari potrebbe essere troppo
poco per quello che avete fatto.- dice.
Il
sigaro, sempre rigorosamente spento, cade di bocca a J.Jonah Jameson.che
esclama:
-Lei… lei non dice sul serio.-
-Crede?- replica Becky –L’articolo di Now ha
messo in pericolo non solo la vita di Matt Murdock, ma anche quella di chiunque
lavora in questo studio, voi che valore date a questo?-
-Non ho scritto nulla che non fosse già
conosciuto.- interviene Joy Mercado –Ogni informazione era già di pubblico
dominio da tempo.-
-Glielo concedo, ma non lo erano le
insinuazioni che Devil potesse essere il fratello di Matt Murdock, che avrebbe
solo finto di essere morto, o che lui potesse conoscerne, comunque, la vera
identità. In questo modo le possibilità che Murdock e le persone che lo
conoscono siano sottoposte ad attentati sono enormemente aumentate. Questo
influisce sul normale andamento del lavoro ed ha costretto Murdock a scomparire
per la propria salvezza.-
O, almeno,
questo è ciò che Becky spera.
-Parliamoci chiaro Miss Blake.- interviene Charlie
Snow, il direttore esecutivo di Now. –Cosa possiamo fare per evitare una
causa?—
-Possiamo accordarci se accettate di pagare la
ricostruzione della casa di Matt Murdock dopo che è stata colpita da due
stinger.-[6] così
dicendo, Becky passa ai suoi interlocutori un foglio. Jameson lo legge e…
-M… ma è un furto.- esclama –Un simile cifra
solo per chiudere un buco nel muro e dare una mano di intonaco… è impossibile.-
-Se non vuole pagare, non c’è problema.-
replica sorridendo l’avvocatessa –La citazione con cui richiediamo cinque
dollari per ogni lettore di Now è già pronta.-
-Jonah…- fa Snow.
-Mff… va bene, va bene, ma questo è
strozzinaggio puro. Studio legale? Bah, un’associazione a delinquere,
piuttosto.-
Firma
l’assegno ed esita consegnarlo a Becky
-Magari una riduzione…-
Becky
sorride, prendendogli di mano l’assegno. I tre giornalisti escono e lei fa in
tempo a sentire:
-Naturalmente, le verrà detratto dalla paga
Mercado.-
Becky
è soddisfatta, Matt riavrà la sua casa come nuova quando tornerà, perché
tornerà, anche se non da notizie da più di una settimana, deve tornare,
dovunque sia adesso.
Il posto
è una palazzina in pieno Greenwich Village, a Manhattan, molto elegante, direi.
Gli odori mi dicono che è stata disabitata molto a lungo e si sente ancora, per
chi, come me, ha dei sensi ipersviluppati. . Mi ci ha condotto questo tipo che
mi ha detto di chiamarsi Maximilian Quincy Coleridge IV. Un nome impegnativo,
parla di generazioni di uomini impegnati a costruire la propria fortuna.
Generazioni passate, perché lui è l’unico abitante della casa, assieme ad altre
due persone, che non si fanno vedere, ma io ne sento perfettamente la presenza
ad uno dei piani più bassi. Lui si muove nelle stanze buie con disinvoltura.
All’improvviso capisco cosa volesse dire quando mi ha fermato nel New Jersey e
mi ha fatto salire sulla sua limousine. Ha detto che avevamo alcune cose in
comune.[7] Una è che anche lui è
cieco ed ha dei sensi che suppliscono alla cecità, ce ne sono anche altre?
-Vuoi sederti?- mi chiede. Io mi sistemo in una confortevole
poltrona e lui si siede davanti a me.
-Non conosco il tuo volto e sul tuo nome ho solo delle supposizioni
che preferisco tenere per me, ma una cosa la so: sei il supereroe chiamato
Devil.-
Sospiro A dir la verità, non
sono ben sicuro di cosa rispondergli, dopotutto la mia memoria è ancora
traballante.
-Diciamo che hai ragione Mr. Coleridge, che intenzioni hai?
Di solito a questo punto ci dovrebbe essere un ricatto o no?-
Posso
indovinarlo sorridere.
-No. Puoi dire che l’ho fatto per cortesia tra colleghi.-
-Cosa?-
-Non te l’ho detto? Anch’io sono un supereroe, anche se non
legalitario come te..-
Quest’uomo
è davvero pieno di sorprese.
2.
Il
suo nome è Richard Fisk, un tempo era un uomo che aveva tutto quello che poteva
desiderare: era giovane, bello, ricco e con due genitori che l’adoravano; poi
il suo mondo perfetto crollò, scoprì che suo padre era un boss criminale e che
i suoi soldi venivano da attività come: l’estorsione, il traffico di droga, la
prostituzione ed altro ancora. Sconvolto, il giovane giurò di fare di tutto per
distruggere il malvagio impero del padre. Peccato per lui, che non si possa
giocare col fuoco senza scottarsi o, per dirla con Nietsche, a dar la caccia ai
mostri, si rischia di diventare dei mostri noi stessi. Ora sua madre è in una
clinica svizzera, suo padre è in prigione, i suoi beni ed attività criminali
sono nelle mani di un altro. Ha ottenuto quel che voleva, ma ha pagato un
prezzo salatissimo. Il problema è cosa fare adesso? L’idea che ha avuto gli era
sembrata buona all’inizio, ma ogni tanto si chiede dov’è finito quel giovane
idealista che voleva rendere il mondo un posto migliore. Si sente quasi come
Michael Corleone ne “Il Padrino”, il mondo a cui non avrebbe dovuto appartenere
lo ha, alla fine risucchiato. Beh, è troppo tardi ormai, andrà avanti per la
sua strada. Si rivolge all’uomo davanti a lui, uno non molto più anziano di
lui, se mai lo è.
-Mi sembra un ottimo lavoro avvocato Byrnes.-
-Noi dello Studio Sharpe & Associati diamo
sempre il meglio Mr. Fisk.-
-Non ne ho mai dubitato Dunque posso partire
subito?-
-Quando vuole.-
Ogni
tanto le cose vanno per il verso giusto. Lei ne sarà contenta, potrebbe
chiamarla, ma perché perdersi l’opportunità di un weekend ad Isla Suerte?
Peccato per Candace Nelson, ma non sarebbe opportuno portarla con se, anche se
l’idea avrebbe dei risvolti attraenti… No. Meglio lasciar perdere, non è
proprio il caso.
Fa uno strano effetto ritrovarmi
a camminare per le strade di New York dopo tanto tempo. Fino a due giorni fa
ero in preda all’amnesia, poi il velo si è sollevato a poco a poco. Non posso
dire di ricordare tutto, ma almeno so chi sono ed è gia molto. Ho fatto una
specie di tour dei ricordi. Prima il mio vecchio appartamento, ma ora è
occupato da un’altra famiglia, poi lo Studio Legale a Madison Avenue, l’intero
piano è stato occupato da un’agenzia pubblicitaria, la casa di Karen è stata
demolita per far posto ad un mega parcheggio. Quanto cambiano le cose in meno
di dieci anni. Karen. Pensando a lei sento una sensazione di vuoto. Se n’è
andata per sempre, è morta, Dio Mio, l’hanno uccisa. Il ricordo si fa più netto
e definito ora. Mio Dio Karen. Ti ho amata dal primo giorno che sei entrata
nell’ufficio, più di Elektra, più di… Natasha o di qualunque altra donna che ho
conosciuto.
Mi porto le
mani al volto e mi sembra che mi manchi il terreno sotto i piedi. Stringo i
pugni e mi riprendo, Karen non avrebbe voluto che mi lasciassi andare. Ho
ancora tanto da fare, per lei e per gli altri..
Sono solo un gruppetto di teppisti che non hanno niente di meglio da
fare che scatenarsi contro un gruppo di immigrati arabi. Non lo sapete che
questo grande paese è stato reso tale da orde di emigranti in cerca di nuove
speranze? Se davvero volete usare la violenza, allora ne riceverete una dosa
abbondante. Appare davanti a loro avvolto nel suo nero mantello, il volto quasi
completamente ceduto dal cappuccio.
-E tu chi saresti?- sbotta uno dei teppisti.
-Puoi chiamarmi Sudario.- risponde lui con la
migliore voce sepolcrale che riesce a fare.
-Sudario eh? Beh un nome appropriato per uno
che sta per finire al cimitero. Sotto ragazzi!-
Sparano.
Gente come loro ha sempre delle pistole, le pallottole sembrano scomparire
nella sua cappa. Non restano imbambolati a lungo e tirano fuori i coltelli, ma
le lame affondano nella sua figura, come se fosse fatta di ombra… ed, in
effetti, è proprio di questo che è fatta. Uno dei simulacri che ha imparato a
costruire col suo potere. In realtà, lui è alle loro spalle, ma quando se ne
accorgono è troppo tardi per loro. Sono avvolti nelle ombre, in un buio
totalmente impenetrabile per tutti… ma non per lui. È cieco da anni ma in un
certo senso vede meglio di chiunque altro. Non funziona come il senso radar di
Devil, è più un potere di natura mistica, una specie di vista a 360 gradi senza
occhi e non bloccata nemmeno dalle pareti. Come potrebbero dei semplici
teppisti essere in grado di batterlo? Non possono, ovviamente e pochi minuti
dopo sono lasciati ai piedi dell’entrata del vicino Distretto di Polizia. Una
serata di routine, dopotutto. Chissà come se la cava Devil? Ha accettato la sua
ospitalità, ma ha deciso di andarsene per conto suo, era suo diritto, in fondo.
3.
Bene, eccoci qui, alla fine.
All’ingresso vengo perquisito con accuratezza, vogliono assicurarsi che non
abbia una qualche “cimice” nascosta, poi. eccomi di fronte al Presidente della
Cyberoptics: Franklin Risk in persona. Naturalmente, Risk è uno dei galoppini
del Gufo, non uno da due soldi, certo, uno dei pezzi grossi. È stato coinvolto
in un mucchio di scandali finanziari, ma non si sono mai trovate prove inoppugnabili
per mandarlo in prigione per qualcosa di più grave dell’essere passato col
rosso. Tocca a me adesso fare qualcosa. Io so che la Cyberoptics è marcia,
invischiata in un giro di corruzione che coinvolge almeno due senatori di Stato
e che ha portato alla morte di due persone tra cui un mio collega. Ora, su
certe cose io la penso come Sam Spade o Philip Marlowe: quando uccidono
qualcuno che lavora con te, non importa se ci eri amico o no, o perfino se non
ti piaceva, sei obbligato a vendicarlo. Ok io non sono un “Occhio Privato”, ma
il concetto è lo stesso, se dipende da me, gli assassini di Martin Bergstein
finiranno in carcere. Naturalmente,
potrei restarci secco anch’io, ma cosa non si farebbe per un articolo da prima
pagina? Eccolo davanti a me, Franklin Risk, un serpente in un vestito da 500
dollari.
-Che cosa
vuole Urich?- mi chiede.
-Farle una
domanda: quanto è disposto a pagare per le prove che la inchioderebbero come
mandante dell’assassinio di Martin Bergstein e Francine Hoyt?-
-Lei è pazzo
Urich, non esistono prove… perché io non sono il mandante di alcun omicidio.-
-Se le
dicessi che prima di morire Martin Bergstein ha raccolto un dossier con esposti
tutti i legami tra la Cyberoptics, i senatori Jessup e Martin ed un giro di
bustarelle da far paura?-
-Assurdo. Se
queste prove esistono, perché non le ha tirate fuori prima?-
-Bergstein
le ha inviate alla moglie in una busta spedita da Albany per precauzione. La
moglie me l’ha consegnata solo due giorni fa. Io posso usarla per uno scoop,
consegnarla alla polizia o fare un patto con lei.-
-Non mi
sembra il tipo Urich, mi hanno detto che non arretra mai.-
-L’hanno
informata male. Non mi pace essere il bersaglio costante di attentati. Non
voglio chiedermi se tornando a casa troverò mia moglie viva. Quindi facciamo un
patto.-
Risk resta in silenzio chiedendosi
se dico la verità, soppesando le alternative, poi:
-Possiamo
parlarne Urich.-
Perfetto… ed ora viene la parte peggiore,
quella in cui la probabilità di finire in fondo al fiume con due scarponi di
cemento è quasi una certezza.
Franklin
“Foggy” Nelson sta riflettendo. Da quando ha assunto la carica di Procuratore
degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York, il suo
interesse primario è stato per il Crimine Organizzato, tuttavia esistono anche
altri tipi di crimini di cui interessarsi e quello di cui ha appena avuto
notizia è uno di questi. Il terrorismo è un terreno molto insidioso di questi
tempi e lui non vuole commettere errori. Vorrebbe che Matt fosse lì a dargli un
consiglio, ma deve cavarsela da solo. Quanto a Matt, in passato è scomparso per
periodi anche più lunghi, tornerà. Da un’occhiata all’orologio. Tra poco ha un
appuntamento con Liz, dovranno parlare dei problemi del Gruppo Tricorp, tra le
altre cose. Mai che ci sia un po’ di sano divertimento familiare eh? Familiare?
Non siamo ancora a quel punto… o si?
Hell’s
Kitchen. Oggi la chiamano Clinton, ma, qualunque sia il suo nome, io la chiamo
casa, forse è per questo che ho accettato con gioia di diventare il Parroco di
questa chiesa, io che da ragazzino ero una vera peste. I più vecchi si
ricordano ancora dei pasticci combinati da “Kid” Gawaine. Mi chiedo, però,
quanti sappiano che “Kid” Gawaine, il pugile che andò vicino a guadagnarsi il
titolo di Campione dei Pesi Massimi, è Padre Sean Patrick Gawaine di Nostra
Signora della Misericordia. Tempi passati, ormai e non rimpianti. No, questo
non è proprio vero. Mi sono divertito a quei tempi, in fondo. Ora ho delle
serie responsabilità. Anche oggi, la chiesa, come il Pub, è uno dei classici
centri di una tipica comunità cattolica irlandese. Certo Hell’s Kitchen è un
crogiolo in cui non mancano i polacchi, ad esempio. Come la ragazzina che sta svoltando l’angolo:
Darla Kowalsky. Suo padre l’ha abbandonata quand’era in fasce e sua madre, beh
meglio stendere un velo pietoso su di lei, Darla è cresciuta praticamente da
sola, sulla strada, ma ne è uscita una ragazza in gamba, che sta diventando donna,
forse troppo presto. Presto sia lei, che i suoi amici, se ne accorgeranno e
certe cose cambieranno, in meglio, spero.
Un
momento, aldilà della strada… Quell’uomo dai capelli e barba rossi e gli
occhiali da sole…Sembra quasi… No, non può essere Matt Murdock. Ora è scomparso
dietro l’angolo. chissà se è stato solo uno scherzo della mia immaginazione.?
Mi giro. Alle mie spalle Suor Maggie ha lo sguardo puntato nella stessa
direzione, e mi sembra di vederla sorridere.
Melvin
Potter è pronto a chiudere il negozio di costumi e tornare a casa, quando
l’istinto di anni passati nei panni del supercriminale chiamato il Gladiatore,
l’avverte di una presenza. C’è un uomo nell’ombra, uno di cui non riesce a
vedere la faccia.
-Calmo Melvin, sono un amico.- dice il nuovo
venuto - Mi riconosci?-
-Tu? Sapevo che non potevi essere morto.-
-Non lo sono, infatti. Ho una cosa da chiederti
Melvin.-
-Cosa? Ho chiuso con il Gladiatore, lo sai, per
merito tuo e di Betsy.-
-Non preoccuparti, è solo un semplice
lavoretto, devi farmi un costume e devi farlo alla svelta.-
Melvin
sorride.
-Dammi solo un po’ di tempo, amico e ti
accontenterò, dopotutto, lo sai che sono il migliore nel mio campo.-
4.
Non sono che due comunissimi ladruncoli. Hanno appena svaligiato un
negozio e stanno scappando col bottino, quando:
-Dove vorreste andare, voi due?- dice la voce
di un uomo davanti a loro.,un uomo vestito con un familiare costume rosso.
-Devil.- esclama uno dei due ladri -Dicevano
che eri morto.-
-Si sbagliavano… mettete giù l’artiglieria ed
arrendetevi!-
-Col c…-
I
due sparano ed il loro avversario si tuffa in avanti, abbastanza veloce da
evitare i proiettili, che sibilano sopra la sua testa, poi sferra un calcio ad
uno dei due, che cade. L’altro punta ancora la pistola, ma l’uomo in rosso gli
lancia contro il bastone colpendolo alla mano, poi gli si getta contro e lo
colpisce con un massacrante destro che lo sbatte al suolo. Infine, il
giustiziere si ferma a riprendere fiato e raccoglie il bastone, poi si rivolge
ai due poliziotti che stanno arrivando.
-Con gli omaggi del vostro amico l’Uomo senza
Paura.-
Spicca
un salto, afferrandosi ad un lampione. Compie due giravolte e raggiunge un
tetto, per poi scomparire nelle ombre.
Da
un altro cornicione, un uomo ha osservato tutta la scena e sogghigna:
-Interessante.- commenta –Il tuo gioco si può
fare in due amico e ne vedremo delle belle.-
Terrence
Hillman entra trafelato nello studio della W.F.S.K. pronto per il Late Night
Show. Il colletto della camicia e slacciato ed un angolo pende fuori dai
pantaloni.
-Ben arrivato Mr. Hillman.- gli dice il Conduttore.
Si
siedono ai loro posti, si accende la luce verde ed il Conduttore parla
<<Buongiorno cari telespettatori e
telespettatrici. Il nostro ospite di stasera è Terrence Hillman, il noto attore
di Soap Opera, che una recente inchiesta giornalistica ha indicato come
possibile alter ego del vigilante chiamato Devil. Cos’hai da dire
Terry?>>
<<Che smentisco nel modo più assoluto. Ho
già abbastanza problemi a recitare in Secret Hospital, figuriamoci a mettere
una calzamaglia e fare il buffone.->>
In
un angolo, il suo agente scuote la testa e ridacchia.
La telefonata mi arriva a tarda
notte. Doris brontola quando rispondo. Riconosco la voce all’’altro capo del
filo.
<<Domani
a mezzogiorno, Urich.>> dice semplicemente,
Prima di tornare a letto
rabbrividisco. Non posso più tornare indietro.
5.
Quando rientro a casa Coleridge, il
mio ospite è gia tornato dalla sua ronda
-Trovato qualcosa
d’interessante?- gli chiedo
-In questa città si
trova sempre.- mi risponde. Sento il rumore del cappuccio che viene sfilato. Mi
rendo conto che nessuno di noi due conosce veramente il volto dell’altro. È una
situazione ironica. Due ciechi che combattono il crimine. C’è una differenza
sostanziale tra noi due, però, almeno a quanto ne so. Io ho dei limiti che ho
scelto di non superare, lui, invece ha spesso danzato sul limite e per molti è
un criminale.
-Mi hai detto il
tuo nome, ma non mi hai chiesto il mio.- dico.
-Non ha
importanza.- mi replica. –Io e te vediamo le cose in modo diverso dagli altri.
Non sono un nome od una faccia a farci identificare una persona. L’oscurità è
la nostra compagna. Tu hai scelto di ergerti al di sopra di essa, io di abbracciarla.
Ti ho aiutato a tornare qui, ma da domani le nostre strade si separeranno. Ti
ho fatto preparare la tua stanza, ci troverai degli abiti più adatti a te. Ora va a riposarti.-
salgo l’ampia scalinata e mi volto
verso di lui.
-Mi è venuta in
mente una cosa.- gli dico -Da quanto mi hai detto, i tuoi genitori sono stati
uccisi quando eri piccolo, sei ricco, vivi in questa villa con tanto di
servitù, reciti la parte di una creatura delle tenebre; scommetto che hai anche
una tana segreta. Hai mai pensato a mettere delle orecchie da pipistrello sul
tuo cappuccio?-
Per la prima volta da che l’ho
incontrato, lo sento ridere.
È
una scena già vista in precedenza: alla luce della luna, un gruppo di
rapinatori, che scappa dopo aver svaligiato una gioielleria, poi un bastone che
saetta nell’aria e colpisce uno dei fuorilegge in pieno volto, spaccandogli il
naso, poi un calcio, che spacca la mascella di un altro ed una mano, che
afferra il bastone a mezz’aria e lo salda con un altro pezzo, facendone un
nunchaku, che saetta nell’aria e la cui catena si stringe attorno al collo del
terzo bandito, che viene attirato verso il suo assalitore. Un assalitore che
indossa una tuta rossa, rinforzata da un’armatura leggera color grigio azzurro.
La maschera con le piccole corna puntute lascia scoperta la metà inferiore del
volto, con le labbra tese in un sorriso maligno.
-T…tu… sei…- balbetta il bandito semi
soffocato.
-Chiamami Devil e sono il più cattivo che tu
abbia mai conosciuto.- risponde l’altro e la sua risata è l’ultima cosa che il
bandito sente.
FINE SECONDA PARTE
N° 30
(PARTE
TERZA)
Di Carlo Monni
Una giornata come tante in un
appartamento come tanti, dove la radiosveglia scatta all’ora programmata.
<<Buongiorno
dalla vostra Radio W.F.S.K. Apriamo il nostro notiziario col parlarvi del
ritorno di Devil. Il noto vigilante, scomparso negli ultimi dieci giorni è
riapparso ieri notte fermando una coppia di rapinatori che…>>
La ragazza dai capelli biondi si
rigira nel letto e borbotta:
-Richard
abbassa quella maledetta radio, vuoi?-
L’uomo dai capelli biondi sorride e
risponde:
-Certo cara,
pensavo che interessasse anche te.-
Una
comunissima cucina, dove una comunissima famiglia sta consumando una
comunissima colazione, mentre in un angolo un televisore è acceso. Sullo
schermo, il volto di una ragazza dai lineamenti chiaramente asiatici. Sullo
sfondo il logo della W.F.S.K.
<<… novità riguardo il popolare supereroe
Devil, il quale, dopo un’assenza di oltre una settimana, durante la quale è
stato creduto morto in un’esplosione, secondo la testimonianza di due agenti di
pattuglia di Hell’s Kitchen, sarebbe riapparso per fermare due banditi che
avevano appena rapinato un negozio, ma non è tutto, perché non molto più tardi,
nel cuore dello stesso quartiere, un altro Devil, vestito col costume rosso e
grigio….>>
-Devil è tornato, che ne pensi caro?- chiede la
donna.
-Cosa vuoi che ne pensi? Lo sai anche tu che
quella gente salta sempre fuori Mindy.-
-Eh lo so, lo so. Cerca di non fare tardi a pranzo Hobie, mi
raccomando.-
Un'altra
comunissima casetta a due piani in un quartiere residenziale. Una porta si apre
ed una giovane donna ritira il latte ed il giornale dalla soglia di casa. Il
giornale è il Daily Bugle ed il titolo recita:
DEVIL: ANGELO O DEMONIO?
Commento di
J.Jonah Jameson
Non sappiamo se Devil, quello originale sia
davvero tornato, quello che sappiamo per certo e che due individui: uno
rivestito del classico costume rosso ed un altro del costume grigio e rosso che
Devil indossò per un breve periodo si sono fatti vivi, in due distinte
occasioni, per fermare dei rapinatori. Uno dei due è l’originale o sono
entrambi degli impostori? La domanda deve essere fatta, perché uno dei due,
quello in grigio, ha mostrato un insolito grado di violenza, mandando
all’ospedale i rapinatori. Questo solleva ancora di più il problema
dell’esempio che i vigilanti in costume danno a…
La
ragazza dai capelli rossi scuote la testa e rivolta al marito dice:
-Peter non saranno mica dei…-
-Non dire quella parola, non pensarla neppure.-
L’uomo è vestito solo di uno slip
aderente, i suoi capelli sono biondi e corti, con un taglio alla marine. Il
luogo è una piccola palestra, dove l’uomo si sta allenando, facendo
ripetutamente: flessioni, sollevamento pesi ed altri esercizi ginnici,
apparentemente senza grande sforzo.
La donna entra, vestita solo di una
vestaglia, che non copre poi molto, ha in mano una tazza di caffè ancora
fumante e la porge all’uomo, che si ferma davanti a lei con un’elegante
capriola.
-Hai
sentito il notiziario?- chiede la donna –Trish Tilby si chiede cosa ci sia
dietro a questa comparsa di ben due Devil nella stessa nottata.-
-E
non ha ancora visto niente, mia cara.- risponde l’uomo –Il meglio deve ancora
venire.-
E così dicendo, sogghigna divertito.
Quando Il Vice Procuratore Esecutivo
degli Stati Uniti Kathy Malper entra nel suo ufficio, è decisamente perplessa.
Conosce Devil non da tanto tempo quanto il Procuratore Nelson, ma aveva
imparato a rispettarlo. Ora guarda la prima pagina del Daily Globe:
DOPPIO DEVIL?
E poi quella del New York Express:
DEVIL: QUAL È
IL SEGRETO?
Chissà qual è la spiegazione? Uno
dei due è quello vero? O sono entrambi degli impostori? Non è la prima volta
che accade: quello con l’armatura, il ninja, aveva detto di non essere il
solito Devil, quando comparve per la prima volta e nessuno ha mai saputo se
dicesse la verità o no, poi era diventata una questione accademica, vista la
ricomparsa del tradizionale costume rosso. Kathy scuote la testa: la vita è già
abbastanza complicata senza metterci di mezzo resurrezioni e sostituzioni di
persona. Si siede alla scrivania e comincia ad esaminare i rapporti della
giornata.
2.
Finisco di farmi la barba. Mi sento
meglio senza tutti quei peli sul volto, poi mi vesto di tutto punto. Per ultimi
infilo gli occhiali scuri La casa è vuota, non sento nemmeno segni della
presenza del maggiordomo, se ce n’è uno.. Il mio ospite deve essere andato al
lavoro. Buffo: so di lui molto meno di quanto lui sappia di me, ma so che posso
fidarmi. Ha ragione, dopotutto, siamo molto simili io e lui, ma anche molto
diversi.
Una volta fuori, chiamo un taxi. Ora
devo decidere cosa fare. Il primo posto dove andare è ovvio.
Mi chiamo Ben Urich e sono un giornalista del Daily Bugle, ne avete
sentito parlare immagino, è uno dei quotidiani più famosi e diffusi della
Grande Mela. Quello della stampa è un grande potere e, come ogni potere, può
essere usato per il bene o per il male, a seconda di chi lo usa. Io ho sempre
cercato di combattere dalla parte giusta, ma, proprio per questo, tra non molto,
potrei essere un giornalista morto. Non è la prima volta che ci provano:
Kingpin, Bullseye, Fortunato, Elektra, tutti hanno preso un pezzo della pelle
di questo coriaceo giornalista, ma io sono ancora quei, un sopravvissuto in un
mondo che, forse, non sa che farsene dei relitti come me. Stavolta tocca al
Gufo, o meglio, ad uno dei suoi scagnozzi se vogliamo chiamarlo così. Franklin
Risk non è un picchiatore od un assassino da strada, no, lui uccide le persone
con un tratto di penna, manovra pacchetti azionari, sposta masse di dollari con
estrema facilità e cose simili. È passato indenne attraverso tutte le inchieste
che hanno scosso l’alta finanza negli ultimi anni, ma, forse, stavolta, ha
fatto il passo più lungo della gamba: per proteggere un giro di corruzione
governativa, ha provocato la morte di due persone. Non l’ha fatto
personalmente, questo è certo, più probabilmente ha semplicemente detto:
“Qualcuno mi sbarazzi di questo problema” e qualcun altro ha detto una cosa a
qualcuno, che ha fatto una telefonata ad un altro, che ha assoldato due
scagnozzi, che hanno premuto il grilletto delle armi che hanno ucciso una
ragazza di nome Francine Hoyt, colpevole di essere stata nel posto sbagliato al
momento sbagliato, ed il mio collega giornalista Martin Bergstein, un povero
diavolo, il cui solo torto è stato di aver oltrepassato la linea sottile che a
volte divide la cronaca politica dalla cronaca nera ed è divenuto parte di
quest’ultima.
Mentre
saluto mia moglie Doris e vado al giornale, non posso non pensare a quanto farò
oggi. Ne parlo con Robbie Robertson, mentre riguardiamo l’impostazione
dell’articolo che uscirà domani, forse postumo, lui è molto schietto.
-Nessuno ti obbliga a farlo Ben.- mi dice. –Non
è responsabilità tua, dopotutto.-
-Si potrebbe dire la stessa cosa per Lapide e
te.replico –Eppure tu non ti sei tirato indietro.-
Robbie,
fa una smorfia, si tratta di un ricordo doloroso per lui. Viene per tutti il
giorno in cui ci confrontiamo con la differenza tra quello che vorremmo essere
e quello che siamo, a me è successo ed anche a lui.
-Lapide era una responsabilità mia.- replica
–Se avessi testimoniato contro di lui sarebbe finito in galera più di 20 anni
fa e, forse, molte persone non sarebbero state uccise da lui.-
-Magari per essere uccise da qualcun altro, che
ne sai? Penso che tu abbia pagato, comunque. Beh per me è lo stesso: devo
farlo, perché…beh, devo farlo e basta.- rispondo.
-Ok Ben, fai pure e sappi che il Bugle è dalla
tua parte in questo.-
-Grazie Robbie.- mi alzo e gli stringo la mano,
poi torno alla mia scrivania, dove mi si avvicina Candace Nelson.
-Ben, vengo con te.- mi dice.
Guardo
il suo braccio rotto, opera di un sicario di nome Bullet e scuoto la testa.
-Mi dispiace Candace, ma vogliono me solo e
così sarà.-
Il
telefono squilla, rispondo e, dall’altro capo del filo, una voce dice solo
poche parole, io annuisco e mi infilo la giacca, è cominciato.
All’esterno
del palazzo del Bugle, una limousine nera con i vetri oscurati si ferma davanti
a me, lo sportello si apre ed io esito un istante, poi entro e l’auto parte.
Non posso più tornare indietro ormai.
È uno dei momenti per cui ho lottato per
anni e lo assaporo soddisfatto. Dall’alto del mio “Nido del Gufo” vedo quei
piccoli uomini e donne tronfi e convinti di se, del loro potere, ma sono venuti
a trattare con me e per me sarebbe facile schiacciare le loro patetiche vite,
se solo lo volessi, ma, per il momento, ho altri piani per loro. Mi tuffo e mi
lascio trasportare dalle correnti. È in momenti come questi che mi sento vivo e
mi sembra che tutto abbia un senso. Plano davanti ai miei ospiti e sfodero uno
dei miei migliori sorrisi.
-Benvenuti
nell’Isola del Gufo, parliamo d’affari.-
3.
Casa, dolce casa. A quanto pare, qualcuno ha
provveduto a fare eseguire le giuste riparazioni, chissà se è stato merito di
Foggy o di quel carro armato in forma di donna che è Becky Blake? Lo scoprirò
presto, immagino. Per prima cosa, un’occhiata al pannello nascosto che porta
alla palestra privata. Sono fortunato, non è stato danneggiato dall’assalto e
nessuno l’ha scoperto. Fortunato, certo, se si può dire fortuna la mia. Ora,
c’è un’altra cosa da fare.
Mentre scendo dal taxi, due uomini
si fanno avanti. Non è difficile riconoscerli come poliziotti. A quanto sembra,
lei ha seguito il mio consiglio. Sto per spiegare chi sono, quando la porta di
casa si apre e lei esce. Sento distintamente il suo profumo elegante, ma non
così forte da annullare la sua fragranza naturale, sento il battito del suo
cuore accellerare di colpo, quando mi vede e mi riconosce:
-Matt!- esclama
–Matt Murdock! Sei davvero tu?-
Sfodero il mio migliore sorriso e
rispondo:
-Il solo e l’unico
Debbie.-
Deborah Harris mi corre incontro e
mi abbraccia.
-Ma dov’eri finito?-
mi chiede –Siamo stati… sono stata così in pensiero. Oh, non importa,
l’importante è che sei tornato.-
Mi bacia, infischiandosene di tutto
e di tutti ed onestamente, la cosa non mi dispiace affatto. Quando, alla fine,
stacca le sue labbra dalle mie, le dico:
-Debbie, ci guardano
tutti.-
-Ah, chi se ne
importa! Su, vieni con me, parleremo più tranquilli in casa.-
Che altro posso fare? La seguo.
È stato esaltante all’inizio, una
vera botta di adrenalina pura. E non è stato nemmeno difficile, dopotutto si è
sempre tenuto in esercizio: palestra tutti i giorni, Jogging, niente droghe,
alcol al minimo. Avere un bel fisico è sempre stato importante nel suo lavoro e
lui è abbastanza vanitoso da tenerci molto. Mentre abbatte il piccolo
scippatore, si chiede se è questo che spingeva il vero Devil a fare quello che
faceva. Il vero Devil? E chi era poi? Quell’articolo parlava di Mike il
fratello gemello dell’avvocato Matt Murdock,[8] ma lui
non riesce ricordare alcun gemello di Matt all’epoca… a meno che… c’era un
ragazzino quando erano bambini, con il passamontagna, ma nessuno conosceva un
gemello e questo vuol forse dire che… No, impossibile, decisamente impossibile.
Raccoglie la borsetta, e la porge alla vecchia signora che era stata scippata.
-Grazie
Devil.- gli dice lei.
-È
stato un piacere ed un dovere, signora.. con gli omaggi dell’Uomo senza Paura,
ora scusatemi, ma stanno arrivando i giornalisti.-
Mentre sorride soddisfatto davanti a
flash e telecamere, si dice che forse, stavolta, Maxie ha avuto una buona idea.
All’inizio, avevano entrambi una sola idea: strappare un ricco risarcimento
alla rivista Now per quell’articolo in cui insinuavano che lui potesse essere
Devil, poi era venuta l’idea di sfruttare la cosa a fini pubblicitari,
alimentando l’idea che lui fosse davvero Devil, pur negandolo in pubblico. Non
gli sembrava una buona idea al principio, ma Maxie è uno di quelli che
saprebbe vendere frigoriferi agli
Eschimesi ed era riuscito a convincerlo, alla fine. Naturalmente, non avevano
detto niente alla sua avvocatessa, quella Kate Vinckur sembrava proprio troppo
integerrima per capire certe cose, diceva Maxie. Lui avrebbe voluto uno come
Claude Unger, con meno scrupoli, ma, almeno in questo Terry si era imposto,
quella ragazza gli era parsa davvero in gamba, intelligente e carina. Il bello
è che ora sta cominciando a divertirsi, se il vero Devil non si fa vivo,
potrebbe pensare a restare nel ruolo e non è l’unico a quanto sembra; non c’era
quel tipo con quel costume da ninja nel Lower East Side? Un altro ammiratore di
Devil?
L’uomo in questione lo sta
osservando e sogghigna non visto.
-Imbecille.-
sussurra, mentre si nasconde di nuovo tra le ombre.
4.
Il
luogo? Beh, non sono proprio sicuro di dove sia, di certo non è un magazzino
abbandonato nel porto, troppo pacchiano come luogo ed il mio interlocutore non
ama essere definito pacchiano. Lui mi aspetta dietro una scrivania e mi si
rivolge tranquillo:
-Venga pure avanti Urich.- mi dice -Spero che
scuserà questa teatralità, ma converrà con me che queste cose non si trattano
durante i normale orario d’ufficio.-
-Lo immagino.- rispondo –Troppi impiegati
chiacchieroni, vero?-
Uno
dei tipi che mi hanno accompagnato si rivolge a Risk, alludendo a me:
-È pulito, capo.-
Allude
al fatto che non ha trovato registratori nascosti.
-Certo.- commento –faccio sempre la doccia
prima di andare ad una appuntamento.-
-Con me la sua ironia è sprecata Urich, veniamo
al punto. Lei mi diceva di avere delle prove che collegano la mia società a ben
due omicidi. Ovviamente non è vero, perché, tanto per cominciare, io e la mia
società non siamo coinvolti in nessun omicidio e, di conseguenza, non esistono
prove di nessun genere. Tuttavia, odierei vedere il nome della mia società
coinvolto in uno scandalo e quindi, per pura curiosità ho deciso di sentire
cos’ha da dirmi, in un posto tranquillo, senza nessuno a disturbarci.-
Perfetto,
non chiedo di meglio: un posto anonimo in cui farmi sparire anonimamente.
-Potrà leggerlo nel giornale di domani… a meno
che…-
-A meno che?-
-La vedova ed i figli di Martin Bergstein hanno
diritto ad un equo risarcimento e se avranno una bella somma, i miei documenti
saranno vostri.-
-Un volgare ricatto? Mi aspettavo di meglio da
lei Urich.. ah già… non è per lei, Ma per una povera vedova. Continui, mi
diverte.-
-Vediamo se si diverte ora. La Cyberoptics è
una società leader nel campo delle fibre ottiche e nel campo delle
telecomunicazioni, ha di recente vinto un appalto per la rete di
telecomunicazioni dell’amministrazione statale di New York. Un affare da molti
milioni di dollari, ottenuto corrompendo almeno due senatori di Stato, membri
della commissione competente ad approvare le offerte. Uno di questi uomini,
Arthur Jessup, era da sempre nel libro paga di Kingpin e, con la sua caduta, è
passato in quello del Gufo. Purtroppo per lui, gli piacevano le belle donne,
una in particolare, la sua segretaria personale, molto personale, Francine
Hoyt, che venne a sapere cose troppo scottanti per la sua stessa incolumità.
Vede Sig. Risk, abbiamo fatto qualche indagine: la Cyberoptics è una
controllata delle Boothe Enterprises, che, a loro volta, sono controllate da
una misteriosa Stryx Corporation. Ora, una mia amica, alquanto dotta, mi dice
che Stryx è un termine latino, il nome scientifico del Gufo. Lei lavora per il
Gufo, ecco il segreto che Francine Hoyt e Martin Bergstein avevano scoperto: il
sistema di comunicazioni integrato dello Stato di New York è nelle mani del
Capo criminale della Costa Est. Non è un gran segreto, lo ammetto, di sospetti
sull’integrità di Jessup ce n’erano da anni, ma puntavano su Kingpin e lui non
aveva mire così, diciamo, particolari. Nessuno doveva nemmeno pensare che il
Gufo entrava nel quadro, almeno finché il contratto non fosse stato concluso, a
costo di uccidere qualche giornalista impiccione. Il problema è che non avete
coperto le vostre tracce abbastanza bene.-
-Una bella storiella Urich, ammettiamo che sia
vera, forse potrà trovare le prove di qualche mazzetta ai senatori, ma per gli
omicidi niente da fare: i due esecutori materiali sono morti, ed anche se
fossero vivi, che potrebbero dire? Il nome di chi li ha assunti, forse, ma non
il perché ed anche quel qualcuno, ammesso che sia ancora vivo, non porterebbe
le indagini molto lontano. La catena si interromperebbe prima di arrivare a me
Urich, si rassegni.-
-Vuol dire che al vertice c’è lei Risk?-
-Voglio dire che non potrà mai provare che io
ho dato l’ordine, tutti quelli che avrebbero potuto portare a me sono morti. Io
so che non esiste un dossier, Urich, ma anche se esistesse, lei non arriverebbe
comunque vivo a domattina e nemmeno chiunque potesse averlo ed io lo avrei sul
mio tavolo domattina.-
-Il che era proprio quello che volevo sentirle
dire.- dico, sorridendo al mio, un po’ sconcertato, interlocutore.
Ha atteso finché non ha ritenuto che
fosse il momento giusto: li ha osservati mentre sceglievano la loro preda e li
ha seguiti mentre loro seguivano lei. Animali, pensa, nessuna grazia, nessuna
abilità, solo forza bruta e niente cervello. Li ha visti trascinare la ragazza
nel vicolo ed ha atteso finché non l’ha sentita urlare, poi è saltato in mezzo
a loro. Non è stato nemmeno degno di essere raccontato. Troppo facile batterli
e nemmeno rompere loro qualche osso è stato abbastanza soddisfacente. Alla
fine, si volge verso la donna.
-Sei…
Devil?- chiede lei con un’aria ancora terrorizzata, guardando il costume grigio
e rosso, con quell’armatura rinforzata.
-No,
non lo è.- la voce è dura e l’uomo in costume si volta per vedere una figura
ritta all’imbocco del vicolo.
-Ah,
il prete.- esclama –Cosa ti rende così sicuro che non sono l’articolo genuino,
prete?-
Padre Sean Patrick Gawaine avanza e
lo fronteggia senza mostrare paura.
-Perché
Devil ha una dote che tu non hai, la comprensione e la pietà.-
“Devil” scoppia a ridere.
-Adoro
la tua ingenuità Prete, gli ottimisti ad oltranza come te mi divertono. Ora scusami,
ma ho un appuntamento urgente, e non lo mancherei per nulla al mondo.-
Con un agile salto, la figura
vestita di scuro si inerpica lungo una grondaia e sparisce sopra i tetti. “Kid”
Gawaine resta a guardare nella sua direzione, poi, tende la mano alla
ragazzina.
-Vieni
Darla.- dice –Andiamo a casa..-
Il pomeriggio è passato molto piacevolmente, è stato bello stare di
nuovo con Debbie. Rendermi conto di come lei sia, ormai un punto fermo nella
mia vita. Karen avrebbe approvato quello che c’è tra noi? Non riesco a smettere
di pensare a lei e, forse, sto con Debbie perché lei è parte del passato che
avevo con Karen. Se lei fosse qui, direbbe che è nella mia natura avere più
dubbi che certezze, ma ho sbagliato spesso con le donne della mia vita e Debbie
non si merita quel trattamento. Non si merita nemmeno che mi alzi nel cuore
della notte per appagare un tipo di eccitazione che nessuna donna potrebbe mai
darmi. Salto dalla finestra e comincio la mia danza sui tetti, che è un
messaggio a New York: sono tornato.
5.
Un’altra apparizione al Late Night
Show della W.F.S.K. ed un’altra, programmata per l’indomani, al talk show di
maggior ascolto di uno dei maggiori network nazionali, gli indici di gradimento
del suo personaggio nella Soap schizzati alle stelle, come il valore del suo
contratto e tutto perché la gente pensa che lui potrebbe essere Devil. La vita
di Terrence Hillman non potrebbe andar meglio, Maxie aveva ragione, dopotutto.
Facciamoci un’altro giretto in costume, pensa. Non è tanto il saltare di tetto
in tetto che lo preoccupa, a quello ci aveva fatto il callo sin da bambino,
quando era la preoccupazione di sua madre e qualche volta tornava a casa con
dei lividi, se non peggio, a causa delle sue spericolate capriole. È
volteggiare appeso a quel cavo che lo infastidisce, ma, in fondo, non è diverso
da quello che faceva quando era uno stuntman e si è impratichito col trapezio a
suo tempo. Quel costumista a cui si è rivolto Maxie sa davvero il fatto suo,
nessuno direbbe che il bastone non è autentico. Ora vediamo: se ci fosse
qualche crimine minore da sventare, nessun supercriminale, per carità, non per
ora. Il colpo lo prende di sorpresa, un calcio, che avrebbe potuto spezzargli
la schiena, se non fosse stato trattenuto e lui non fosse, nel suo piccolo, un
artista della caduta. Quando riesce a rimettersi in piedi, vede davanti a lui
un altro Devil, uno vestito col costume cosiddetto da ninja.
-Sei
patetico.- gli dice –Non meriti il costume.-
Il vero Devil? Non può essere, non parla, come lui. È un
altro impostore, o, forse, c’era davvero un altro Devil dentro quel costume,
anni fa.
-Aspetta,
amico..- comincia a dire Terrence, ma l’altro lo colpisce con un altro calcio
alla mascella. Terry piomba indietro, ma riesce a non cadere.
-Difenditi
idiota, non rendermi tutto troppo facile.- intima il ninja,
Hillman prova a reagire, ma un
secondo colpo lo raggiunge. Stavolta se lo aspettava e lo accompagna. Non ha
dimenticato le tecniche di lotta imparate sin da ragazzino. Ora prova una
contromossa, il pugno va a segno ed un rivolo di sangue esce dal labbro del suo
avversario, che sogghigna.
-Ora
andiamo bene.- afferma, poi colpisce di nuovo.
Terrence Hillman si rende conto che
il suo avversario è di una classe superiore, troppo in gamba, ma sa anche che vuole
ucciderlo e non può smettere di combattere se vuole continuare a vivere. Il
ninja usa il bastone telescopico come se fosse un’estensione del suo stesso
corpo, in breve, nonostante la disperata resistenza di Terrence, la lotta è
decisa nell’unico modo possibile. Un colpo di bastone gli spezza un ginocchio
e, contemporaneamente, un altro gli rompe un tendine dell’altra caviglia.
L’uomo in costume rosso non riesce più a stare in piedi e, mentre crolla, il
suo avversario assembla rapidamente i due pezzi del bastone in un nunchaku, che
si abbatte sulla schiena del malcapitato, provocando un sinistro schiocco. Ed è
proprio prima che il nunchaku si abbatta sulla testa dello svenuto Hillman per
il colpo finale, che un altro bastone, saetta nell’aria, uno dal manico
ricurvo, che colpisce il polso del ninja, facendogli perdere la presa sulla sua
arma. L’uomo in costume grigio e rosso si volta, per vedere, ritta dinanzi a
lui, una familiare figura in costume giallo e rosso, con una grande D sul
petto.
Il Ninja sorride.
-Sei
arrivato, finalmente!- esclama.
-Troppo
tardi, forse, ma in tempo per impedirti di ucciderlo.- afferma il nuovo venuto.
-Ucciderò
più volentieri te.- ribatte l’altro con un sorriso malvagio.
Mi
tolgo gli occhiali e guardo Risk, che ha uno sguardo perplesso.
-Che intendi dire, giornalista?-mi chiede con
voce alterata.
-Che è finita Risk… per lei.- rispondo.
Il
rumore dell’entrata dei poliziotti, mi impedisce di sentire una qualunque
replica. Risk è chiaramente sconcertato.
-Ma… cosa?- borbotta.
-Dovresti prestare più attenzione ai ritrovati
della moderna elettronica, ad esempio ad una microcamera nascosta negli
occhiali, il tuo efficientissimo servizio di guardia non li ha neanche presi in
considerazione.-
-Tu…. Maledetto…-
Non
ha tempo di dire o fare altro, nella stanza irrompono non meno di quattro
poliziotti in borghese, seguiti da un nutrito gruppo di agenti in uniforme.
Risk, nonostante il suo nome,[9]
non se la sente di tentare azzardi e si lascia ammanettare senza opporre
resistenza, mentre gli leggono i suoi diritti.
-Beh Urich…- gli dice il detective Connor
Trevane -…Sei stato in gamba ed ora è finita.-
Scuoto
la testa.
-Dici?- replico –Scommettiamo che domattina
Risk sarà di nuovo libero dopo aver pagato una cauzione principesca ed i suoi
costosissimi avvocati si affretteranno a citare cavilli su cavilli per
dimostrare che non ci sono prove dirette della sua responsabilità? Comunque
sia, c’è uno là fuori, un gigantesco rapace notturno, che vede questa città
come il suo territorio di caccia e che è
ancora libero ed a lui non siamo ancora arrivati.-
-Hai detto bene Urich.- ribatte l’Agente
Speciale dell’F.B.I. Phil Corrigan –Non ancora, ma ci arriveremo prima o poi, è
solo questione di tempo.-
-Ma lo avremo quel tempo?-chiedo e nessuno mi
risponde.
Salto verso di lui, che evita con
agilità la mia carica.
-Il primo Devil
contro l’ultimo, ami la giustizia poetica, come al solito.-
Non ha dubbi su chi io sia, come io
non ne ho su chi sia lui. Non mi servono superpoteri per capirlo, è stato
evidente sin dal primo momento: lui era l’unico che avrebbe mai potuto avere
quest’idea. Ancora una volta siamo faccia a faccia, ancora un confronto e
vorrei poter credere che sarà l’ultimo, ma non lo è mai.
-Ho giurato di
fermarti e lo farò.- rispondo.
-Non ho mai creduto
che tu fossi morto in quell’esplosione.- ribatte lui –Del resto, neppure tu hai
mai creduto che io fossi annegato nell’East River, vero?-
No, non l’ho mai creduto, Bullseye,
e tu lo sapevi, mentre aspettavi di tornare nella mia vita a rovinarla ancora
una volta, ma stavolta, non cederò alla mia rabbia, no, non ti darò mai più la
soddisfazione di tentare di ucciderti, non te la caverai così facilmente.
-No, mai.- rispondo
–Del resto, dubito che i pesci ti trovino di loro gusto.-
-lascia perdere le
battute e combatti.-
Ed è quello che facciamo ed è un ben
strano spettacolo. Due uomini vestiti in modo molto simile, con armi quasi
identiche che si battono tra loro. Ognuno vede nell’altro il suo riflesso, la
sua immagine distorta. Saltiamo come ballerini in mosse che sembrano essere ben
coreografate da un’occulta regia, i nostri bastoni si scontrano, ognuno sferra
colpi, che l’altro evita, poi, alfine, lo disarmo, il suo nunchaku cade lontano
da lui, il mio primo colpo va a segno ed anche il suo, ma io ribatto,
afferrando la sua maschera e strappandogliela.
-È finita Bullseye.-
-No, non è finita
finché non lo decido io e...-
Indietreggia appena di un passo, ma
incontra il corpo di Terrence Hillman, perde l’equilibrio e cade oltre il tetto
con un grido di stupore, più che di paura od altro. È una caduta di cinque
piani, ucciderebbe chiunque o gli ridurrebbe la spina dorsale in condizioni
pietose, ma lui sopravviverà, lo so, l’ha già fatto. Mi volto verso Hillman, è
ridotto male, ma può ancora farcela e c’è un ultima cosa che posso fare per
lui.
Nessuno
osa fermare la figura col costume rosso sbrindellato che entra nel Pronto
Soccorso di Hell’s Kitchen, ma tutti la riconoscono, più tardi riconosceranno
anche l’uomo che porta in braccio.
-Devil, sei davvero tu?- esclama il medico di guardia –E quest’uomo?-
-Si chiama Terrence Hillman, è un attore, l’hanno aggredito e derubato
di tutto, ha varie lesioni interne. So che non avrei dovuto muoverlo, ma
sarebbe morto, altrimenti.-
-Non preoccuparti.- ribatte il medico –Ci pensiamo noi e tu?-
-Io, sto meglio di quanto sembri, dottore, dovrebbe vedere l’altro
tizio.-
-E così, sei davvero tornato.-
-Dottore, non credo di essermene mai davvero andato.-
In un cimitero non
lontano ci sono sue lapidi affiancate: una per Jack Murdock e l’altra per Karen
Page, in mezzo un mucchietto di stoffa che si può riconoscere come un costume
giallo e rosso con una grande D sul petto.
EPILOGO
Sono salito sul tetto del Daily Bugle a fumarmi in pace una sigaretta.
Il Bugle è uscito con titolo a nove colonne: il senatore Jessup si è suicidato
prima che l’arrestassero, mentre il Senatore Martin è stato preso nel suo
ufficio di Albany, la prossima settimana il Senato voterà una mozione di
espulsione e non saranno i soli. Ho smascherato un giro di corruzione,
vendicato un collega, il giornale ha raddoppiato la tiratura, allora perché non
mi sento soddisfatto? Forse perché ho vinto solo una battaglia, ma la guerra
non è ancora finita e, forse, non finirà mai.
-Dovresti smetterla con quella brutta
abitudine.- mi dice una voce ben nota. Mi giro e Devil è di fianco a me, nel
suo tradizionale costume rosso.
-Comincio a credere che non mi ucciderà,
dopotutto, sono sopravvissuto a peggio.-
-Ho letto che hai avuto una settimana
interessante Ben.- mi dice.
-Neanche la tua deve essere stata male, credo,
vero Matt?- replico.
Lo
guardo ed anche lui sorride.
Ci
sono altre dieci milioni di storie nella grande città e domani tornerò a
narrarne un’altra.
FINE TERZA PARTE
NOTE DELL’AUTORE
Fine
di un'altra Ultimate Edition, che ha visto il ritorno, sia pure anomalo di
Devil e la fine di una sottotrama iniziata da tanto tempo: l’affare Cyberoptcs.
Ed ora, ecco le essenziali note
esplicative.
1) Il paese di Broken Cross, New Jersey è comparso
per la prima ed unica volta in Daredevil Vol 1° #219 del giugno 1985, epica
storia autoconclusiva di Frank Miller & John Buscema ispirata alle ballate
di Bruce “The Boss” Sprinsteen. Ma l’ispirazione di questa storia non viene da
quel bel racconto, anzi, a dir la verità, ho deciso di usare Broken Cross
perché così non ho dovuto creare un altro villaggio fittizio per un racconto
che cita ben altre fonti. Quali? Vediamo se lo avete capito da soli. -_^
2) Se il nome di Sammy Silke vi sembra familiare,
ebbene, lo confesso, è proprio il bandito da due soldi che da il via agli
eventi della saga: “La Cupola” di recente pubblicata su Devil & Hulk della
Marvel Italia. Come sapete non sono pregiudizialmente contrario all’uso di
personaggi e concetti che non appartengono alla continuity MIT, purché non si
imiti pedissequamente quanto fatto in U.S.A. Io credo di non averlo fatto, voi
che ne dite?
3) Chi è il misterioso Maximilian Quincy Coleridge
IV (Mamma mia che nome lungo. -_^) Nessun altro che: il Sudario, il secondo
supereroe cieco della Marvel. Apparso per la prima volta in Super Villain Team
Up #7 (Fantastici Quattro, Corno, #170), è l’ultimo erede di una dinastia di
imprenditori newyorkesi. Quando aveva 10 anni, al ritorno da un concerto, i
suoi genitori furono uccisi davanti ai suoi occhi da un rapinatore e lui,
sconvolto. giurò di dedicare la sua vita alla lotta contro i criminali. Studiò
e divenne esperto in tutte le tecniche di lotta al crimine, fisiche,
psicologiche e scientifiche. Alla fine si sentì pronto (Vi ricorda qualcosa? A
me si, molto. –_^) Durante il suo addestramento si era recato in India dove si
era imbattuto nel perduto Tempio di Kalì. Qui fu addestrato al combattimento
dai monaci, che, alla fine lo marchiarono in viso col marchio di fuoco di Kalì.
Max divenne cieco, ma acquisì una vista mistica ed in seguito scoprì di poter
padroneggiare la misteriosa Forza Oscura (la stessa che padroneggiano Stella
Nera e Cloak) per creare cappe di oscurità ed immagini tridimensionali. Dopo
uno scontro col Dottor Destino, ha iniziato una particolare lotta contro il
crimine, fingendosi egli stesso un capo criminale. Sotto questa veste, ha
operato a Los Angeles a capo del Night Shift, poi si è trasferito a New York,
per riprendere la sua identità civile e la guida degli affari di famiglia.
4) So che vi chiederete dove sto andando a parare
e che i più attenti di voi avranno notato che negli ultimi episodi mi sono
divertito a riproporre alcune situazioni di passate gestioni di Devil.
Divertito è la parola giusta, ma vi assicuro che so quel che sto facendo e
spero che non resterete delusi A pensarci bene all’appello mancano ancora: un
superpatriota steroideo, i Vendicatori e Typhoid Mary. Beh, che dire? Non
disperate gente. –_^
Nei prossimo episodi, avremo nuovi problemi quando Matt e Foggy
dovranno misurarsi col loro concetto di giustizia da parti opposte della
barricata, mentre New York è scossa da un attentato per cui l’opinione pubblica
vuole giustizia, ma rischia di essere una “Giustizia cieca”.
Carlo
[1] Vedi episodio #14
[2] Vedi episodio #21
[3] Vedi ultimo episodio.
[4] Come visto in Uomo Ragno MIT #18
[5] In effetti, è vero da Daredevil #232 (Fantastici Quattro, Star, #42) a Daredevil #248 (Fantastici Quattro, Star, #54)
[6] È accaduto nell’episodio 25
[7] Ultimo episodio.
[8] Quale articolo? Dite? Non ditemi che vi siete persi Devil #25, vi prego. -_^
[9] Risk significa rischio in Inglese.